“Il mais miracoloso”, il commento di Sandro Pignatti alla presentazione del libro

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Pubblichiamo il commento di Sandro Pignatti, prof. emerito di Ecologia – Università di Roma “La Sapienza”, alla presentazione del libro “Il Mais miracoloso” di E. Bernardi

Noi tutti conosciamo il mais (o “grano turco”), grazie alla diffusione della polenta, che è preparata con la farina ottenuta dalla macinazione dei frutti di questa pianta. Il mais è una graminacea, la cui denominazione scientifica è “Zea mays“, proposta già da Linneo nel 1752. In realtà, il mais era arrivato in Europa molto prima. Il mais è una pianta di origine messicana, coltivata già da lungo tempo nella Mesoamerica, e tra le prime portate in Europa: di questo abbiamo una prova proprio qui a Roma, perché piante di mais sono riconoscibili nei festoni della Loggia di Psiche”, nella Villa Farnesina. Di questa Villa sappiamo con certezza che la Loggia, con gli affreschi di Raffaello e scuola, è stata costruita nel periodo tra il 1505 e 1512 e che la decorazione interna era completata prima del 1517: questo avveniva dunque solo 24 anni dopo il 15 marzo 1493, data del rientro di Colombo dal primo viaggio. Nella Loggia di Psiche, le singole scene sono inquadrate in una rete di festoni, opera di Giovanni da Udine, costituiti da una successione di figure rappresentanti quasi 200 specie, soprattutto piante orticole ed ornamentali che evidentemente erano coltivate a Roma nel periodo rinascimentale: il mais è riconoscibile con certezza, perché in quell’epoca a Roma non si coltivavano altre graminacee che avessero un aspetto simile. La figura del mais dipinta con grande accuratezza da Giovanni da Udine è certo una delle più antiche raffigurazioni di questo cereale, forse la più antica in assoluto.

Per molto tempo si è creduto che il mais esistesse soltanto come pianta coltivata nei paesi tropicali. Oggi sappiamo che essa è derivata per ibridazione da graminacee spontanee che crescono nelle aree montagnose del Messico ed era coltivata dagli amerindi già 9000 anni fa. La domesticazione del mais dunque risale circa alla stessa epoca, nella quale nel Mediterraneo orientale si diffondeva la coltivazione dei nostri cereali, come frumento ed orzo. I progenitori del mais sono stati identificati verso la metà del secolo scorso e da allora vengono utilizzati per migliorare i ceppi coltivati, mediante ibridazione, e negli ultimi anni anche con interventi ingegneria genetica.

La diffusione del mais in Europa è iniziata proprio in Italia, già dal sec. XVI, ma per lungo tempo questa è rimasta una coltura d’importanza secondaria: solo nella seconda metà dell’800 la polenta è diventata, soprattutto nelle regioni settentrionali, un diffuso e talora essenziale alimento per la parte più povera della popolazione; in molti luoghi ha in gran parte sostituito il pane, e sono state selezionate varietà locali ancora oggi prodotte e commerciate come specialità particolarmente gustose. L’alimentazione basata sulla polenta di mais ha provocato il diffondersi della pellagra, che nel sec. XIX era diventata una grave malattia sociale, diffusa soprattutto nelle Venezie, e superata soltanto negli anni’30 mediante il passaggio ad una dieta più ricca di vitamine.

Quando ero bambino, a Venezia, arrivavano spesso le barche a vela di pescatori (i “bragozzi”, con le vele artisticamente variopinte), per vendere il pescato oppure in caso di maltempo, ed io andavo a curiosare. Nella stiva c’era un braciere con il fuoco acceso per cucinare la polenta: il “mozzo” (in generale un ragazzo poco più grande di me) stava a mescolare fino alla cottura completa. I pescatori mangiavano soltanto polenta bianca, e questo mi aveva fatto pensare che questa fosse un cibo da poveri, meno gustoso della polenta gialla; poi è venuta la guerra, i razionamenti, ed anche noi abbiamo dovuto mangiare polenta bianca, dapprima con un certo sospetto, ma poi ci siamo convinti che il sapore era analogo a quello della polenta gialla, anzi a volte anche più gustoso.

Il libro del prof. Bernardi, che viene qui presentato, descrive la storia del mais in Italia, con particolare approfondimento per il periodo che va dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Bisogna però, come antefatto, ricordare che nel 1929 c’era stata la grande crisi economica, e per stimolare la ripresa il governo degli USA aveva avviato un ampio programma di sviluppo dell’agricoltura ed in particolare per il miglioramento genetico del mais. Identificate le forme selvatiche che tuttora crescono nel Messico, venne ottenuto un mais ibrido ad elevata produzione, negli USA utilizzato soprattutto per l’allevamento. In Italia, la guerra aveva messo in crisi l’agricoltura e nel 1944-45 la popolazione era ridotta alla fame. Venne subito avviato un ampio programma di aiuti, e nei porti si vedevano arrivare le navi Liberty cariche di cereali: frumento e mais. Però veniva dato anche un valido supporto tecnico-scientifico, in particolare con l’introduzione di questo mais ibrido ad alta produzione (il “Mais miracoloso”), che in Italia era ancora sconosciuto.

Le vicende di questa azione hanno avviato una profonda trasformazione nelle pratiche agricole in Italia, anche con ricadute importanti sull’allevamento e sulla produzione di fertilizzanti e di mezzi meccanici. Viene innescato un processo di profondo rinnovamento dell’agricoltura nel nostro paese (a quel tempo la più importante fonte di reddito) . Il racconto si sviluppa soprattutto sugli avvenimenti dei primi decenni del dopoguerra, con abbondanza di particolari e testimonianze. In questi anni il mondo agricolo italiano si confronta con due modelli di grande peso politico ed economico: gli USA da un lato e l’URSS dall’altro, ed anche i partiti politici che raccolgono la maggior quantità di voti (la DC ed PCI) sono orientati rispettivamente verso il primo ed il secondo di questi modelli esterni. Le vicende sono narrate con distacco e fluidità, il testo è ricco di particolari ed approfondimenti, senza prendere parte per l’uno o l’altro modello, così da permettere al lettore di farsi una propria opinione. Come tutti sanno, il modello americano si è dimostrato superiore, ed è stato applicato con successo; questa è stata anche un’occasione di sviluppo nella ricerca applicata e per la produzione di macchine e fertilizzanti.

Nella storia entra come protagonista la figura del prof. Luigi Fenaroli, direttore della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo, dipendente dal Ministero dell’Agricoltura, per il supporto scientifico e pratico ai coltivatori di mais. Ho avuto l’occasione di incontrarlo ripetutamente, infatti negli anni ’50 veniva spesso all’Istituto Botanico di Pavia, dove io allora ero il più giovane assistente. Nel 1974 eravamo entrambi tra i partecipanti all’Escursione Internazionale in Giappone ed, essendo gli unici italiani, venivamo sempre – con nipponica precisione – mantenuti in coppia, nelle riunioni, sull’autobus, nei pernottamenti, così avevamo stretto amicizia, nonostante la differenza di età, ma uniti dal comune interesse per la montagna, la sua flora e vegetazione. Però non avrei immaginato che avesse svolto questo ruolo centrale nel realizzare la diffusione in Italia del Mais miracoloso.

Quando l’amico dr. Leone mi aveva invitato a presentare questo libro, visto il titolo, avevo immediatamente pensato: ecco un libro che celebra il mais transgenico, e le magnifiche sorti e progressive. Sono lieto di essermi sbagliato, perché il Mais miracoloso non è transgenico, ma un ibrido ottenuto per incrocio, sul quale questo libro fornisce un’informazione approfondita, che mette il lettore in grado di farsi una propri idea sui fatti trattati e di ricavarne una propria conclusione, ma senza alcun tentativo di influenzarne la libertà di giudizio.

27 marzo 2015
Sandro Pignatti, prof. emerito di Ecologia – Università di Roma “La Sapienza”


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