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Aderiamo all’Appello per il riconoscimento dell’Agricoltura Sociale nella Regione Lazio

IfoRD ETS aderisce all’Appello per il riconoscimento dell’Agricoltura Sociale nella Regione Lazio: http://agricolturasocialelazio.it/

“Chissà che non sia arrivato il momento di investire tutte le energie possibili per costruire un Paese solidale e più equo”.

Questo l’auspicio che il mondo dell’Agricoltura Sociale ha rivolto nei giorni scorsi al Governo italiano in considerazione dell’emergenza nazionale Covid19. Un appello che sentiamo profondamente nostro e che vogliamo rilanciare anche nella nostra regione.

La Regione Lazio, pur avendo da oltre 10 anni una propria legge sulla diversificazione agricola, non ha riconosciuto fino ad oggi tra le attività integrate e complementari svolte nell’ambito dell’azienda agricola, l’agricoltura sociale.

Soltanto con la recente legge regionale “Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale” (Collegato 2018 alla Legge di Bilancio), che ha operato un parziale riordino del comparto della diversificazione agricola, l’agricoltura sociale è stata inserita tra quelle attività che la Regione promuove e sostiene attraverso la propria programmazione economica finanziaria.

Eppure il “mondo” dell’agricoltura sociale è popolato di aziende agricole, cooperative, imprese sociali, APS, botteghe dove si effettua la vendita diretta, agriturismi e agri-ristori la cui principale missione non è perseguire esclusivamente il profitto, ma fornire servizi alla collettività e alla persona come nel caso dell’inserimento lavorativo di persone fragili.

Parliamo di una realtà in costante crescita, che al 2015 contava 96 aziende censite ufficialmente, un campione sicuramente significativo ma non pienamente rappresentativo del settore (Guida dell’Agricoltura Sociale – Lazio 2015) e che soltanto un percorso di pieno riconoscimento consentirebbe di valutare nella sua portata economica e sociale.

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L’Agricoltura Sociale in Italia e le sue prospettive, l’intervento di Alfonso Pascale

Alfonso Pascale

Alfonso Pascale

Alfonso Pascale, docente di Agricoltura Sociale all’università degli studi di Roma Tor Vergata, analizza la situazione dell’Agricoltura Sociale in Italia nel documento “L’agricoltura Sociale e le sue prospettive”.

Partendo dalle origini di questa pratica virtuosa, egli introduce il concetto di “ruralitudine” come caratteristica fondante l’agricoltura sociale, in quanto “insieme di valori di solidarietà e mutuo aiuto che da sempre caratterizzano il mondo rurale”.

A riguardo, egli ricorda come la storia delle campagne italiane sia costellata di una miriade di pratiche comunitarie, che riguardano il “prendersi cura” delle persone: dalle società di mutuo soccorso alle associazioni locali, fino ad arrivare ai più antichi rituali di ospitalità o allo scambio di manodopera tra le famiglie agricole.

Facendo riferimento a tali reminiscenze, Pascale sottolinea come la vocazione originaria dell’Agricoltura Sociale sia proprio quella di “risvegliare e reinventare la ruralitudine, mediante l’utilizzo delle risorse tecnologiche disponibili, in realizzazioni innovative, capaci di farci guardare al futuro con spirito laico e ragionevoli speranze.”

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Organizzazioni Professionali di Agricoltori, le Linee Guida IWA 29:2019

Nel Giugno 2017, una rete globale di organizzazioni pubbliche e private operanti nel settore agricolo, e meglio conosciuta come AMEA (The Agribusiness Market Ecosystem Alliance), pone le basi per la nascita di un progetto, mirato alla creazione di un documento contenente delle linee guida specifiche per la professionalizzazione e lo sviluppo delle organizzazioni agricole.

Le linee guida descrivono le principali caratteristiche delle organizzazioni professionali di agricoltori, concentrandosi principalmente sulla gestione aziendale e sulle capacità di leadership. Applicando tali linee guida, le organizzazioni saranno così in grado di gestire le loro operazioni in modo più professionale e ottenere migliori risultati nel tempo.

Nel Febbraio 2019, il documento è stato pubblicato come ‘International workshop agreement’ dall’Organizzazione Internazionale per la standardizzazione (ISO). Di qui la nascita del IWA 29:2019 – ‘Linee Guida per le Organizzazioni Professionali di Agricoltori’.

Ma cos’è esattamente un International Workshop Agreement (IWA)? Un tipo di norma ISO che può essere visto come una “norma ISO preliminare”. Essa passa attraverso un processo di sviluppo accelerato di circa un anno e consente, agli operatori di mercato e ad altri soggetti interessati, di partecipare direttamente allo sviluppo della norma stessa, senza il bisogno di passare attraverso una delegazione nazionale ISO.

L’IWA 29 analizza le performance delle organizzazioni attraverso sei punti chiave fondamentali per lo sviluppo del proprio business, quali appunto: scopo e governance dell’organizzazione, gestione aziendale, gestione delle risorse umane, gestione finanziaria, impegno comunitario e delle parti interessate e attività dei membri e delle imprese.

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Feriae Augusti

Alla luce (assai fioca) degli attuali “chiari di luna”, cari amici, “l’Italia è sola” – l’ha scritto Ernesto Galli della Loggia sul Corriere del 1° agosto. Meglio sola che male accompagnata – m’è venuto subito da pensare leggendo il suo articolo.

“Dalla questione dei migranti al contenzioso sulla Francia – ha proseguito, dunque, il Sor Ernesto – è questo il referto che ci consegna la situazione internazionale. E’ una situazione drasticamente nuova nella storia della repubblica: per la prima volta dal 1948, infatti, l’Italia non può contare stabilmente né su un potente alleato – come furono per decenni gli Stati Uniti […] – né su un sistema integrato di relazioni forti nel quale tuttavia avere una qualche influenza, come è stato fino all’altro ieri con l’Unione Europea. Nella quale invece contiamo sempre meno mentre sempre più essa si va trasformando nei nostri confronti una sorta di potenza tutoria non proprio benevola”.

E allora? Mi aspettavo, leggendo l’articolo che, accanto agli evidenti motivi di preoccupazione, l’autore cominciasse ad esplorare le opportunità nascoste che ogni nuova situazione cela di solito nel suo seno. Macché, niente di niente: anche in questo caso il vizio nazionale del lamento è risultato contagioso. Non solo: in tanti ragionamenti (e mass media), il fatto che siamo in presenza di un nuovo scatenamento dei nazionalismi in Occidente – prima quello tedesco (sotto mentite spoglie), poi quello inglese, americano, francese – sembra catturare l’attenzione solo per suggerire sotterraneamente che dovremmo farlo anche noi.

Non mi pare una buona idea – per usare un eufemismo. Penso, piuttosto, che l’Italia dovrebbe muoversi in controtendenza, guardando il lato incoraggiante (nonostante tutto) della situazione, evitando di trovarsi “male accompagnata” ed affermandosi invece (passioni ed interessi) in alternativa rispetto allo spettacolo poco edificante che i neo-nazionalismi del mondo stanno dando di se stessi quotidianamente: persino in Occidente!

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Governance degli Enti locali, a Oriolo Romano (Viterbo) il workshop sulle Linee guida UNI/PdR 9:2014

Oriolo Romano, Palazzo Altieri (biblioteca)

Oriolo Romano, Palazzo Altieri (biblioteca)

Sabato 28 novembre 2015, presso la biblioteca comunale di Oriolo Romano (Viterbo) si è svolto un workshop sulle Linee guida UNI/PdR 9:2014 per la governance di un Ente locale attraverso il coinvolgimento della comunità di riferimento e delle parti interessate, organizzato da AICQ Centro Insulare, Comune di Oriolo Romano, Club Emas Ecolabel Lazio e IfoRD, nell’ambito della Settimana Europea della Qualità 2015.

Massimo Leone (presidente di IfoRD) ha presentato le Linee guida UNI/PdR 9:2014, Sergio Bini (presidente di AICQ-CI) ha svolto un intervento sul tema “La gestione sistemica e il contributo dei nuovi standard per la qualità dei servizi ai cittadini”, Italo Carones (vice sindaco di Oriolo Romano e presidente Club Emas Ecolabel Lazio) ha illustrato l’esperienza di Oriolo Romano nella partecipazione dei cittadini alla gestione ambientale del Comune, Alfonso Pascale (Presidente del CeSLAM) ha tenuto una relazione sul tema “Il coinvolgimento delle parti interessate nella gestione dei finanziamenti europei (FSE, FESR, FEASR)”, con particolare riferimento alo sviluppo rurale secondo l’approccio CLLD (community led local development) promosso dalla Commissione Europea.

Sono disponibili le presentazioni di Massimo Leone (pdf – 0,2 MB) e Alfonso Pascale (pdf – 5,9 MB).

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“Cronache di un giornalista di parte”, gli interventi e le foto della presentazione

Gaetano Carnevale

Gaetano Carnevale

Lo scorso 31 ottobre si è tenuta a Fondi, nella libreria Mondadori, la presentazione del libro “Cronache di un giornalista di parte. 1964-2014, ½ secolo di avvenimenti di Fondi nelle pagine de Il Messaggero”, di Gaetano Carnevale.

Con l’autore hanno dialogato Emilio Drudi, già direttore della cronaca di Latina e del Lazio del Messaggero, e Gabriele Panizzi, storico esponente provinciale del Partito Socialista Italiano e consigliere, assessore e presidente della Regione Lazio dal 1975 al 1990.

Proponiamo qui le sintesi degli interventi di Emilio Drudi (pdf – 80 KB) e Gabriele Panizzi (pdf – 100 KB), insieme ad alcune foto dell’incontro (altre immagini sono disponibili qui):

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“Il mais miracoloso”, il commento di Sandro Pignatti alla presentazione del libro

Pubblichiamo il commento di Sandro Pignatti, prof. emerito di Ecologia – Università di Roma “La Sapienza”, alla presentazione del libro “Il Mais miracoloso” di E. Bernardi

Noi tutti conosciamo il mais (o “grano turco”), grazie alla diffusione della polenta, che è preparata con la farina ottenuta dalla macinazione dei frutti di questa pianta. Il mais è una graminacea, la cui denominazione scientifica è “Zea mays“, proposta già da Linneo nel 1752. In realtà, il mais era arrivato in Europa molto prima. Il mais è una pianta di origine messicana, coltivata già da lungo tempo nella Mesoamerica, e tra le prime portate in Europa: di questo abbiamo una prova proprio qui a Roma, perché piante di mais sono riconoscibili nei festoni della Loggia di Psiche”, nella Villa Farnesina. Di questa Villa sappiamo con certezza che la Loggia, con gli affreschi di Raffaello e scuola, è stata costruita nel periodo tra il 1505 e 1512 e che la decorazione interna era completata prima del 1517: questo avveniva dunque solo 24 anni dopo il 15 marzo 1493, data del rientro di Colombo dal primo viaggio. Nella Loggia di Psiche, le singole scene sono inquadrate in una rete di festoni, opera di Giovanni da Udine, costituiti da una successione di figure rappresentanti quasi 200 specie, soprattutto piante orticole ed ornamentali che evidentemente erano coltivate a Roma nel periodo rinascimentale: il mais è riconoscibile con certezza, perché in quell’epoca a Roma non si coltivavano altre graminacee che avessero un aspetto simile. La figura del mais dipinta con grande accuratezza da Giovanni da Udine è certo una delle più antiche raffigurazioni di questo cereale, forse la più antica in assoluto.

Per molto tempo si è creduto che il mais esistesse soltanto come pianta coltivata nei paesi tropicali. Oggi sappiamo che essa è derivata per ibridazione da graminacee spontanee che crescono nelle aree montagnose del Messico ed era coltivata dagli amerindi già 9000 anni fa. La domesticazione del mais dunque risale circa alla stessa epoca, nella quale nel Mediterraneo orientale si diffondeva la coltivazione dei nostri cereali, come frumento ed orzo. I progenitori del mais sono stati identificati verso la metà del secolo scorso e da allora vengono utilizzati per migliorare i ceppi coltivati, mediante ibridazione, e negli ultimi anni anche con interventi ingegneria genetica.

La diffusione del mais in Europa è iniziata proprio in Italia, già dal sec. XVI, ma per lungo tempo questa è rimasta una coltura d’importanza secondaria: solo nella seconda metà dell’800 la polenta è diventata, soprattutto nelle regioni settentrionali, un diffuso e talora essenziale alimento per la parte più povera della popolazione; in molti luoghi ha in gran parte sostituito il pane, e sono state selezionate varietà locali ancora oggi prodotte e commerciate come specialità particolarmente gustose. L’alimentazione basata sulla polenta di mais ha provocato il diffondersi della pellagra, che nel sec. XIX era diventata una grave malattia sociale, diffusa soprattutto nelle Venezie, e superata soltanto negli anni’30 mediante il passaggio ad una dieta più ricca di vitamine.

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“Svegliamoci italici! Manifesto per un futuro glocal”, riflessioni sul libro di Piero Bassetti

di Giancarlo Corò, pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 9 maggio 2015

Quale spazio possono ancora avere le identità nazionali nell’era della globalizzazione?
In un libro agile ma intenso, Piero Bassetti – figura eminente della politica lombarda, per anni presidente delle Camere di Commercio italiane all’estero – cerca di sviluppare una risposta interessante: se non c’è dubbio che la globalizzazione sta mettendo a dura prova la sovranità degli Stati nazionali, sta tuttavia accrescendo l’importanza delle identità nazionali, intese come insieme di valori nei quali una comunità di persone decide di riconoscersi.

L’identità alla quale guarda Bassetti non è quella etnica ereditata dallo ius sanguinis, e nemmeno quella territoriale dello ius soli. Si tratta, invece, di un’identità caratterizzata da due importanti aspetti che i nazionalismi, vecchi e nuovi, tendono a oscurare. Il primo è che oggi l’identità nazionale è sempre più frutto di una scelta volontaria di persone e imprese che aderiscono a valori, stili di vita, modelli di business che contribuiscono a costruire un futuro possibile, non solo ereditare una storia passata. Il secondo è che le identità nazionali hanno sempre più natura plurale, nel senso che le appartenenze non si escludono in base al territorio in cui si risiede, ma si possono combinare in rapporto a volontà e capacità di far convivere più dimensioni dell’esistenza.

Ad esempio, possiamo sentirci orgogliosi delle nostre tradizioni cittadine, senza che questo escluda di riconoscerci come italiani ed europei. Ma ciò vale anche per un oriundo argentino, per un newyorchese discendente di migranti italiani o per chi vive nel Canton Ticino. Lo stesso per chi essendo nato in qualsiasi altra parte al mondo ha poi deciso di vivere in Italia o è stato attratto dalla cultura, dalla storia, dal paesaggio o dalla lingua del nostro Paese. Questo modo di guardare all’identità nazionale può avere per l’Italia conseguenze politiche ed economiche rilevanti. Infatti, se ai 60 milioni di italiani aggiungiamo gli emigrati italiani e i loro discendenti, e poi chi ha scelto l’Italia come patria o l’italiano come lingua, si superano i 250 milioni di persone. Pochi altri Paesi al mondo possono vantare un rapporto così elevato fra diaspora (gli italici nel mondo) e cittadini residenti (gli italiani in patria).

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Sancia Gaetani, riflessioni su “Il mais miracoloso” di Emanuele Bernardi

Riflessioni sul libro “Il mais “miracoloso” – Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione” di Emanuele Bernardi

di Sancia Gaetani

Il contenuto del libro è molto interessante e tutto quello che l’autore racconta è ben documentato, ben scritto e non noioso anche per persone che non sono esperte dell’argomento. Attraverso la storia della diffusione degli ibridi di mais americani dopo la II guerrra mondiale, emerge chiaramente non solo la storia dell’agricoltura italiana, ma la storia dell’Italia dal dopoguerra a oggi con tutte le sue specificità rispetto agli altri paesi europei e le sue contraddizioni date anche dalla presenza del Vaticano e dalla forte e invadente personalità di papa Pio XII.
Nella premessa l’autore inquadra bene quanto poi raccontato nel libro, e, riportando uno scritto di Manlio Rossi–Doria, da un articolo di Nord e Sud del 1960: Considerazioni sull’agricoltura europea, spiega come, con la fine della seconda guerra mondiale, prima tramite i governi militari e l’UNRRA e poi con il piano Marshall, gli USA proiettarono sull’Europa in crisi i frutti della rivoluzione tecnologica, economica e organizzativa avviatasi là negli anni ’30 dopo la grande depressione. I paesi europei si trovarono a disporre di un patrimonio ingente di conoscenze e di esperienze, di ritrovati tecnici, di formule organizzative, ma non ebbero la forza di vincere l’inerzia della tradizione e della loro congenita disgregazione.

Io credo però che la cosa che mancava principalmente all’Italia, più della forza per vincere l’inerzia della tradizione, era la cultura scientifica che l’aiutasse a utilizzare le nuove tecnologie ma in maniera critica, valutando le differenze idrogeografiche, sociali, culturali e alimentari che la diversificavano fortemente dagli USA e anche dagli altri paesi europei. Questa incapacità è evidente soprattutto nelle campagne fra i piccoli agricoltori e le loro associazioni, e principalmente nel sud. Di conseguenza anche i politici, rappresentanti dei cittadini che avrebbero dovuto dialogare, e anzi discutere con gli americani, non erano in grado di farlo opponendo alle proposte di aiuti e alla modalità con cui venivano dati, argomentazioni serie e convincenti. Inoltre la guerra civile aveva dilaniato il paese e si contrapponevano chi vedeva negli americani i liberatori (che volevano solo aiutare) con la sinistra che guardava all’URSS, giustamente sospettosa di quello che gli americani regalavano con lo scopo di penetrare il mercato europeo in generale e italiano in particolare con i loro prodotti. Le posizioni erano più o meno convincenti, ma sicuramente non scientifiche o tecniche.

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Il mais miracoloso: Come l’Italia ha scelto lo sviluppo senza ricerca

Pubblichiamo l’intervento di Alfonso Pascale alla presentazione del libro “Il mais ‘miracoloso’. Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione” di Emanuele Bernardi.

Come l’Italia ha scelto lo sviluppo senza ricerca

di Alfonso Pascale

“Il mais ‘miracoloso’. Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione” di Emanuele Bernardi (Carocci editore, 2014) è un libro che consiglio vivamente di leggere perché ci fa comprendere come l’attuale dibattito sugli OGM, con le sue asprezze e faziosità, venga da lontano e affondi le radici in ambiti tematici non solo socio-economici e ambientali, ma soprattutto politici ed etico-culturali. Da tempo l’A. ci aveva abituati a leggere le vicende delle campagne italiane, dal dopoguerra alla fine del centrismo degasperiano, nell’ottica delle relazioni internazionali e dei reciproci condizionamenti tra Italia e Stati Uniti. La sua opera prima, “La riforma agraria in Italia e gli Stati Uniti” (Il Mulino, 2006), ha rappresentato una novità nel panorama della storiografia delle campagne nel dopoguerra. Il nuovo approccio è stato infatti dirompente per chi aveva studiato fino a quel momento il periodo della riforma agraria e degli interventi per il Mezzogiorno dal punto di vista di una delle due “appartenenze separate”, cioè di una delle due grandi subculture che vissero quegli anni da “separate in casa”: la socialcomunista e la cattolica. Il giovane storico ci suggeriva un’altra strada: non più quella di guardare agli anni della guerra fredda in base alle visioni ideologiche bipolari ereditate dal Novecento ma in base alle interdipendenze tra tecnologie, consumi di massa e sistemi produttivi e a nuove diadi: tutela dell’interesse nazionale da una parte e soggezione a interessi esterni dall’altra; modello agricolo statunitense e modello agricolo europeo.

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