Nel mese di gennaio 2014 la Rete Fattorie Sociali, capofila provvisorio di un partenariato che comprende IfoRD – Innovation for Rural Development, ARS – Arte Ricerca Sperimentazione e operatori ed esperti di diversi ambiti disciplinari, aveva inviato al presidente della Regione Lazio Zingaretti un documento di proposte in vista della elaborazione del Programma di Sviluppo Rurale e dei Programmi Operativi Regionali per gli anni 2014-2020.
Nello stesso ambito, il documento che segue riguarda invece in modo particolare la città di Roma.
Proposte per il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) e per i Programmi Operativi Regionali (FESR e FSE) 2014-2020 della Regione Lazio
Siamo un raggruppamento di associazioni, operatori ed esperti di diversi ambiti disciplinari, interessati ad avviare percorsi di progettazione partecipativa dal basso in territori rurali e periurbani nell’ambito dei seguenti temi: innovazione, agricoltura sociale, turismo sociale, creazione artistica e culturale anche mediante l’utilizzo di tecnologie digitali emergenti, tutela e valorizzazione dei beni ambientali e culturali.
Una progettualità ad alta risoluzione nei percorsi partecipativi locali a Roma
Roma non è più caratterizzata dalla separazione dei luoghi da quello della produzione a quello del mercato a quello dell’abitare e le sue presenze simboliche non sono più riservate al centro storico.
Su queste separatezze ed esclusività si erano basati, fino a qualche tempo fa, il binomio centro-periferia e le relazioni gerarchiche delle rispettive funzioni. Tutto ciò è saltato: siamo nella fase della post-metropoli e della città-territorio fatta di spazi indefiniti in cui gli eventi accadono sulla base di logiche che non corrispondono più a un disegno unitario d’insieme.
Il territorio metropolitano di Roma non è più contrassegnato distintamente da città e campagna, ma da un continuum urbano-rurale, una rurbanizzazione che è frutto di un tessuto sociale dinamico come molteplicità dialettica di sistemi, reattiva e policentrica.
E questo ha creato uno spaesamento, che è innanzitutto dentro di noi. Per appaesarci, in un mondo mobile e in fuga, è necessario dare un nuovo senso all’abitare, all’essere nei luoghi e “fotografarli” per quello che sono. Non servono slogan, ma nuovi sguardi e nuovi stili di vita.
È impossibile programmare e pianificare la città-territorio con gli strumenti che abbiamo utilizzato finora. Occorrono percorsi di progettazione ad alta risoluzione capaci di mobilitare le comunità locali, cioè i soggetti e i gruppi che le compongono senza più separarli per categorie e ingabbiarli in determinati interessi specifici. Si tratta di cogliere la molteplicità e, nel contempo, l’unitarietà dei bisogni degli individui, ricomponendone i frammenti. In tal modo anche i luoghi dell’abitare non potranno più essere spazi chiusi ma ogni edificio o spazio deve potersi trasformare. Ognuno sarà polivalente e ingloberà diverse funzioni collegandosi ad altri edifici e ad altri spazi.
Anche coloro che vivono ai margini della società non vanno considerati un mondo a parte ma persone come tutte le altre che hanno bisogni identici a quelli espressi dalle altre. A tutti vanno messe a disposizione le opportunità per prendere coscienza di se stessi come individui e poter procedere alla propria liberazione.
Per ricostituire nelle diverse polarità di Roma le comunità-territorio e per fare in modo che queste possano meglio cogliere le opportunità della globalizzazione, bisognerebbe accompagnarle ad acquisire la capacità di autorappresentarsi e di costruire la propria immagine. Si tratta di esaltare la diversità e il pluralismo, ricercando le sinergie e le complementarità, ma partendo da una forte capacità delle comunità-territorio di avere una chiara percezione di sé per fare in modo che gli scambi culturali ed economici con altre comunità-territorio del mondo globale siano reciprocamente arricchenti e improntate ad una relazionalità collaborativa. Le arti e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono alimentare la capacità delle reti locali di costruire in modo creativo la propria immagine e di riscoprire in modo permanente il “Genius loci” come processo culturale di autocoscienza e di apertura agli altri.
Andrebbe predisposta una mappa di percorsi partecipativi “dal basso” in cui si integrano obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusione sociale, tutela e valorizzazione delle risorse agricole e paesaggistiche, rigenerazione urbana, riconversione ecologica e azioni riguardanti la promozione dell’agricoltura sociale e la gestione dei rifiuti per riciclaggio e riuso.
Successivamente, potrebbe investire in “metodo d’azione”. Si tratta di proiettarsi come strumento di accompagnamento e supporto dei processi di sviluppo locale partecipativo nei diversi territori, fungendo da collante tra soggetti pubblici e privati e tra soggetti di settori diversi, nonché da “agente federatore” dei progetti per favorire lo scambio di buone pratiche, approfondire tematiche comuni e sperimentare percorsi di ricerca-azione.
L’idea di una “federazione di progetti di sviluppo locale” potrebbe facilitare la costruzione di un comune senso del metodo d’azione per affrontare e interpretare in modo collettivo il tema dell’inclusione sociale per fasce di popolazione più deboli e per aree e quartieri più disagiati, pur nella diversità delle soluzioni concrete.
Per fare in modo che si pervenga ad un “metodo d’azione” efficace, i progetti di ricerca-azione saranno imperniati attorno a quesiti conoscitivi e si svilupperanno con l’intento di elaborare soluzioni operative su determinati temi che non risultino ancora sufficientemente affrontati sul piano della ricerca socio-economica.
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