Documenti

Home » Documenti

L’Agricoltura Sociale in Italia e le sue prospettive, l’intervento di Alfonso Pascale

Alfonso Pascale

Alfonso Pascale

Alfonso Pascale, docente di Agricoltura Sociale all’università degli studi di Roma Tor Vergata, analizza la situazione dell’Agricoltura Sociale in Italia nel documento “L’agricoltura Sociale e le sue prospettive”.

Partendo dalle origini di questa pratica virtuosa, egli introduce il concetto di “ruralitudine” come caratteristica fondante l’agricoltura sociale, in quanto “insieme di valori di solidarietà e mutuo aiuto che da sempre caratterizzano il mondo rurale”.

A riguardo, egli ricorda come la storia delle campagne italiane sia costellata di una miriade di pratiche comunitarie, che riguardano il “prendersi cura” delle persone: dalle società di mutuo soccorso alle associazioni locali, fino ad arrivare ai più antichi rituali di ospitalità o allo scambio di manodopera tra le famiglie agricole.

Facendo riferimento a tali reminiscenze, Pascale sottolinea come la vocazione originaria dell’Agricoltura Sociale sia proprio quella di “risvegliare e reinventare la ruralitudine, mediante l’utilizzo delle risorse tecnologiche disponibili, in realizzazioni innovative, capaci di farci guardare al futuro con spirito laico e ragionevoli speranze.”

Read more

Organizzazioni Professionali di Agricoltori, le Linee Guida IWA 29:2019

Nel Giugno 2017, una rete globale di organizzazioni pubbliche e private operanti nel settore agricolo, e meglio conosciuta come AMEA (The Agribusiness Market Ecosystem Alliance), pone le basi per la nascita di un progetto, mirato alla creazione di un documento contenente delle linee guida specifiche per la professionalizzazione e lo sviluppo delle organizzazioni agricole.

Le linee guida descrivono le principali caratteristiche delle organizzazioni professionali di agricoltori, concentrandosi principalmente sulla gestione aziendale e sulle capacità di leadership. Applicando tali linee guida, le organizzazioni saranno così in grado di gestire le loro operazioni in modo più professionale e ottenere migliori risultati nel tempo.

Nel Febbraio 2019, il documento è stato pubblicato come ‘International workshop agreement’ dall’Organizzazione Internazionale per la standardizzazione (ISO). Di qui la nascita del IWA 29:2019 – ‘Linee Guida per le Organizzazioni Professionali di Agricoltori’.

Ma cos’è esattamente un International Workshop Agreement (IWA)? Un tipo di norma ISO che può essere visto come una “norma ISO preliminare”. Essa passa attraverso un processo di sviluppo accelerato di circa un anno e consente, agli operatori di mercato e ad altri soggetti interessati, di partecipare direttamente allo sviluppo della norma stessa, senza il bisogno di passare attraverso una delegazione nazionale ISO.

L’IWA 29 analizza le performance delle organizzazioni attraverso sei punti chiave fondamentali per lo sviluppo del proprio business, quali appunto: scopo e governance dell’organizzazione, gestione aziendale, gestione delle risorse umane, gestione finanziaria, impegno comunitario e delle parti interessate e attività dei membri e delle imprese.

Read more

Governance degli Enti locali, a Oriolo Romano (Viterbo) il workshop sulle Linee guida UNI/PdR 9:2014

Oriolo Romano, Palazzo Altieri (biblioteca)

Oriolo Romano, Palazzo Altieri (biblioteca)

Sabato 28 novembre 2015, presso la biblioteca comunale di Oriolo Romano (Viterbo) si è svolto un workshop sulle Linee guida UNI/PdR 9:2014 per la governance di un Ente locale attraverso il coinvolgimento della comunità di riferimento e delle parti interessate, organizzato da AICQ Centro Insulare, Comune di Oriolo Romano, Club Emas Ecolabel Lazio e IfoRD, nell’ambito della Settimana Europea della Qualità 2015.

Massimo Leone (presidente di IfoRD) ha presentato le Linee guida UNI/PdR 9:2014, Sergio Bini (presidente di AICQ-CI) ha svolto un intervento sul tema “La gestione sistemica e il contributo dei nuovi standard per la qualità dei servizi ai cittadini”, Italo Carones (vice sindaco di Oriolo Romano e presidente Club Emas Ecolabel Lazio) ha illustrato l’esperienza di Oriolo Romano nella partecipazione dei cittadini alla gestione ambientale del Comune, Alfonso Pascale (Presidente del CeSLAM) ha tenuto una relazione sul tema “Il coinvolgimento delle parti interessate nella gestione dei finanziamenti europei (FSE, FESR, FEASR)”, con particolare riferimento alo sviluppo rurale secondo l’approccio CLLD (community led local development) promosso dalla Commissione Europea.

Sono disponibili le presentazioni di Massimo Leone (pdf – 0,2 MB) e Alfonso Pascale (pdf – 5,9 MB).

Read more

“Cronache di un giornalista di parte”, gli interventi e le foto della presentazione

Gaetano Carnevale

Gaetano Carnevale

Lo scorso 31 ottobre si è tenuta a Fondi, nella libreria Mondadori, la presentazione del libro “Cronache di un giornalista di parte. 1964-2014, ½ secolo di avvenimenti di Fondi nelle pagine de Il Messaggero”, di Gaetano Carnevale.

Con l’autore hanno dialogato Emilio Drudi, già direttore della cronaca di Latina e del Lazio del Messaggero, e Gabriele Panizzi, storico esponente provinciale del Partito Socialista Italiano e consigliere, assessore e presidente della Regione Lazio dal 1975 al 1990.

Proponiamo qui le sintesi degli interventi di Emilio Drudi (pdf – 80 KB) e Gabriele Panizzi (pdf – 100 KB), insieme ad alcune foto dell’incontro (altre immagini sono disponibili qui):

Read more

“Il mais miracoloso”, il commento di Sandro Pignatti alla presentazione del libro

Pubblichiamo il commento di Sandro Pignatti, prof. emerito di Ecologia – Università di Roma “La Sapienza”, alla presentazione del libro “Il Mais miracoloso” di E. Bernardi

Noi tutti conosciamo il mais (o “grano turco”), grazie alla diffusione della polenta, che è preparata con la farina ottenuta dalla macinazione dei frutti di questa pianta. Il mais è una graminacea, la cui denominazione scientifica è “Zea mays“, proposta già da Linneo nel 1752. In realtà, il mais era arrivato in Europa molto prima. Il mais è una pianta di origine messicana, coltivata già da lungo tempo nella Mesoamerica, e tra le prime portate in Europa: di questo abbiamo una prova proprio qui a Roma, perché piante di mais sono riconoscibili nei festoni della Loggia di Psiche”, nella Villa Farnesina. Di questa Villa sappiamo con certezza che la Loggia, con gli affreschi di Raffaello e scuola, è stata costruita nel periodo tra il 1505 e 1512 e che la decorazione interna era completata prima del 1517: questo avveniva dunque solo 24 anni dopo il 15 marzo 1493, data del rientro di Colombo dal primo viaggio. Nella Loggia di Psiche, le singole scene sono inquadrate in una rete di festoni, opera di Giovanni da Udine, costituiti da una successione di figure rappresentanti quasi 200 specie, soprattutto piante orticole ed ornamentali che evidentemente erano coltivate a Roma nel periodo rinascimentale: il mais è riconoscibile con certezza, perché in quell’epoca a Roma non si coltivavano altre graminacee che avessero un aspetto simile. La figura del mais dipinta con grande accuratezza da Giovanni da Udine è certo una delle più antiche raffigurazioni di questo cereale, forse la più antica in assoluto.

Per molto tempo si è creduto che il mais esistesse soltanto come pianta coltivata nei paesi tropicali. Oggi sappiamo che essa è derivata per ibridazione da graminacee spontanee che crescono nelle aree montagnose del Messico ed era coltivata dagli amerindi già 9000 anni fa. La domesticazione del mais dunque risale circa alla stessa epoca, nella quale nel Mediterraneo orientale si diffondeva la coltivazione dei nostri cereali, come frumento ed orzo. I progenitori del mais sono stati identificati verso la metà del secolo scorso e da allora vengono utilizzati per migliorare i ceppi coltivati, mediante ibridazione, e negli ultimi anni anche con interventi ingegneria genetica.

La diffusione del mais in Europa è iniziata proprio in Italia, già dal sec. XVI, ma per lungo tempo questa è rimasta una coltura d’importanza secondaria: solo nella seconda metà dell’800 la polenta è diventata, soprattutto nelle regioni settentrionali, un diffuso e talora essenziale alimento per la parte più povera della popolazione; in molti luoghi ha in gran parte sostituito il pane, e sono state selezionate varietà locali ancora oggi prodotte e commerciate come specialità particolarmente gustose. L’alimentazione basata sulla polenta di mais ha provocato il diffondersi della pellagra, che nel sec. XIX era diventata una grave malattia sociale, diffusa soprattutto nelle Venezie, e superata soltanto negli anni’30 mediante il passaggio ad una dieta più ricca di vitamine.

Read more

Sancia Gaetani, riflessioni su “Il mais miracoloso” di Emanuele Bernardi

Riflessioni sul libro “Il mais “miracoloso” – Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione” di Emanuele Bernardi

di Sancia Gaetani

Il contenuto del libro è molto interessante e tutto quello che l’autore racconta è ben documentato, ben scritto e non noioso anche per persone che non sono esperte dell’argomento. Attraverso la storia della diffusione degli ibridi di mais americani dopo la II guerrra mondiale, emerge chiaramente non solo la storia dell’agricoltura italiana, ma la storia dell’Italia dal dopoguerra a oggi con tutte le sue specificità rispetto agli altri paesi europei e le sue contraddizioni date anche dalla presenza del Vaticano e dalla forte e invadente personalità di papa Pio XII.
Nella premessa l’autore inquadra bene quanto poi raccontato nel libro, e, riportando uno scritto di Manlio Rossi–Doria, da un articolo di Nord e Sud del 1960: Considerazioni sull’agricoltura europea, spiega come, con la fine della seconda guerra mondiale, prima tramite i governi militari e l’UNRRA e poi con il piano Marshall, gli USA proiettarono sull’Europa in crisi i frutti della rivoluzione tecnologica, economica e organizzativa avviatasi là negli anni ’30 dopo la grande depressione. I paesi europei si trovarono a disporre di un patrimonio ingente di conoscenze e di esperienze, di ritrovati tecnici, di formule organizzative, ma non ebbero la forza di vincere l’inerzia della tradizione e della loro congenita disgregazione.

Io credo però che la cosa che mancava principalmente all’Italia, più della forza per vincere l’inerzia della tradizione, era la cultura scientifica che l’aiutasse a utilizzare le nuove tecnologie ma in maniera critica, valutando le differenze idrogeografiche, sociali, culturali e alimentari che la diversificavano fortemente dagli USA e anche dagli altri paesi europei. Questa incapacità è evidente soprattutto nelle campagne fra i piccoli agricoltori e le loro associazioni, e principalmente nel sud. Di conseguenza anche i politici, rappresentanti dei cittadini che avrebbero dovuto dialogare, e anzi discutere con gli americani, non erano in grado di farlo opponendo alle proposte di aiuti e alla modalità con cui venivano dati, argomentazioni serie e convincenti. Inoltre la guerra civile aveva dilaniato il paese e si contrapponevano chi vedeva negli americani i liberatori (che volevano solo aiutare) con la sinistra che guardava all’URSS, giustamente sospettosa di quello che gli americani regalavano con lo scopo di penetrare il mercato europeo in generale e italiano in particolare con i loro prodotti. Le posizioni erano più o meno convincenti, ma sicuramente non scientifiche o tecniche.

Read more

Il mais miracoloso: Come l’Italia ha scelto lo sviluppo senza ricerca

Pubblichiamo l’intervento di Alfonso Pascale alla presentazione del libro “Il mais ‘miracoloso’. Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione” di Emanuele Bernardi.

Come l’Italia ha scelto lo sviluppo senza ricerca

di Alfonso Pascale

“Il mais ‘miracoloso’. Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione” di Emanuele Bernardi (Carocci editore, 2014) è un libro che consiglio vivamente di leggere perché ci fa comprendere come l’attuale dibattito sugli OGM, con le sue asprezze e faziosità, venga da lontano e affondi le radici in ambiti tematici non solo socio-economici e ambientali, ma soprattutto politici ed etico-culturali. Da tempo l’A. ci aveva abituati a leggere le vicende delle campagne italiane, dal dopoguerra alla fine del centrismo degasperiano, nell’ottica delle relazioni internazionali e dei reciproci condizionamenti tra Italia e Stati Uniti. La sua opera prima, “La riforma agraria in Italia e gli Stati Uniti” (Il Mulino, 2006), ha rappresentato una novità nel panorama della storiografia delle campagne nel dopoguerra. Il nuovo approccio è stato infatti dirompente per chi aveva studiato fino a quel momento il periodo della riforma agraria e degli interventi per il Mezzogiorno dal punto di vista di una delle due “appartenenze separate”, cioè di una delle due grandi subculture che vissero quegli anni da “separate in casa”: la socialcomunista e la cattolica. Il giovane storico ci suggeriva un’altra strada: non più quella di guardare agli anni della guerra fredda in base alle visioni ideologiche bipolari ereditate dal Novecento ma in base alle interdipendenze tra tecnologie, consumi di massa e sistemi produttivi e a nuove diadi: tutela dell’interesse nazionale da una parte e soggezione a interessi esterni dall’altra; modello agricolo statunitense e modello agricolo europeo.

Read more

Presentazione di “Dieta Mediterranea. Armonia, Benessere, Sostenibilità”. L’intervento di Sancia Gaetani

Appunti per la presentazione del libro “Dieta Mediterranea. Armonia, Benessere, Sostenibilità” (Editrice La Nuova Scuola Medica Salernitana) di Danilo D’Ambrosio

di Sancia Gaetani

La presentazione del libro a Fondi

La presentazione del libro a Fondi

Già nella presentazione di Claudio Tubili, docente alla Scuola di Specializzazione di Scienza dell’Alimentazione all’Università La Sapienza e diabetologo all’ospedale San Camillo, è chiarito che il libro si rivolge non solo agli “addetti ai lavori” ma ad un pubblico più ampio di educatori e di consumatori intelligenti. Penso che questo sia il suo pregio principale.

Dal 2010 la Dieta Mediterranea è stata iscritta dall’UNESCO nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, riconoscendo tale patrimonio a Italia, Marocco, Grecia e Spagna. Dal 2013 tale riconoscimento è stato esteso a Cipro, Croazia e Portogallo. La richiesta era già stata presentata dall’Italia nel 2007 ma bocciata. Ripresentata nel 2009 è stata invece accettata.

In questo libro di D’Ambrosio è spiegato molto bene un concetto che a me sta molto a cuore e che non è assolutamente chiaro a tutti i medici, e neanche a quelli che si occupano di nutrizione professionalmente. La Dieta Mediterranea non è solo un insieme di cibi che, come venne messo in luce da Ancel Keys[1], proteggono dall’obesità da cui poi derivano malattie degenerative come diabete di tipo 2, arteriosclerosi e malattie cardiocircolatorie in generale (che sono nel mondo una delle prime cause di morte), ma è uno stile di vita che purtroppo si è in gran parte perso in Italia con il boom economico del paese degli anni ’60.

La Dieta Mediterranea, dal Greco diaita (stile di vita, modo di vivere) rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio, alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo.
La Dieta Mediterranea è caratterizzata da un modello di tipo mediterraneo costituito principalmente da olio di oliva, cereali, soprattutto frumento (pane e pasta), legumi, frutta fresca e secca, verdure, una moderata quantità di pesce, latticini, carne e molte erbe aromatiche, il tutto accompagnato da vino bevuto con moderazione e durante i pasti.

La Dieta Mediterranea, essendo uno stile di vita, promuove la socializzazione, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una certa comunità che ha in comune conoscenze, leggende, canzoni, massime e racconti. La Dieta Mediterranea si fonda sul rispetto per il territorio e la biodiversità e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle zone bagnate dal Mediterraneo.
Le donne svolgono un ruolo indispensabile nella trasmissione delle competenze e nella salvaguardia delle tecniche.

Read more

Fondi Europei 2014-2020 nei territori di Roma, un contributo alla Programmazione

fondi-europei-roma-650px

Contributo della Rete Fattorie Sociali, Forum Terzo Settore Lazio e IfoRD sull’attuazione della Programmazione dei Fondi Europei 2014-2020 nei territori di Roma

1. I percorsi partecipativi di sviluppo locale

Gli studi recenti sul territorio metropolitano di Roma identificano una realtà non più contrassegnata distintamente da città e campagna, ma da un continuum urbano-rurale, da una rurbanizzazione che è frutto di un tessuto sociale dinamico, reattivo e policentrico.

Le agricolture civili, con istanze ed esperienze diversificate, si candidano ad assumere un ruolo di cerniera e di saldatura di un territorio in cui sono sempre più evidenti le confluenze e le intersezioni.

L’impossibilità di programmare e pianificare la città-territorio con gli strumenti che abbiamo utilizzato finora è, del resto, sempre più condivisa anche nella comunità scientifica.

Occorrono, invece, percorsi di progettazione ad alta risoluzione capaci di mobilitare le comunità locali, cioè i soggetti e i gruppi che le compongono, senza più separarli per categorie. Anche i luoghi dell’abitare non sono più spazi chiusi, ma ogni edificio o spazio tende a trasformarsi in luogo polivalente, inglobando diverse funzioni nel legarsi ad altri edifici e ad altri spazi. È quanto sta avvenendo spontaneamente in diverse realtà locali di Roma a partire da iniziative come Progetto Corviale Domani, Forum del Parco delle Energie, Metropoliz.

Solo in tali percorsi le persone che vivono ai margini della società e prive di rappresentanza non saranno considerate un mondo a parte, ma persone come tutte le altre che hanno bisogni identici a quelli espressi dalle altre. Bisogna mettere a disposizione di tutti le opportunità per prendere coscienza di se stessi come individui e poter procedere alla propria liberazione.

Per ricostituire nelle diverse polarità di Roma le comunità-territorio e per fare in modo che queste possano meglio cogliere le opportunità della globalizzazione, bisognerebbe accompagnarle ad acquisire la capacità di autorappresentarsi e di costruire la propria immagine.

Si tratta di esaltare la diversità e il pluralismo, ricercando le sinergie e le complementarità, ma partendo da una forte capacità delle comunità-territorio di avere una chiara percezione di sé, per fare in modo che gli scambi culturali ed economici con altre comunità-territorio del mondo globale siano reciprocamente arricchenti e improntati ad una relazionalità collaborativa.

Le arti e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono alimentare la capacità delle reti locali di costruire in modo creativo la propria immagine e di riscoprire il “Genius loci” come processo culturale di autocoscienza e di apertura agli altri.

Andrebbe predisposta una mappa dei percorsi partecipativi “dal basso”, in cui si integrano obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusione sociale, tutela e valorizzazione delle risorse agricole e paesaggistiche, rigenerazione urbana, riconversione ecologica, e delle azioni riguardanti la promozione dell’agricoltura sociale e la gestione dei rifiuti per riciclaggio e riuso.

Successivamente, si potrebbe investire in “metodo d’azione”. Si tratta di proiettarsi come strumento di accompagnamento e supporto dei processi di sviluppo locale partecipativo nei diversi territori, fungendo da collante tra soggetti pubblici e privati e tra soggetti di settori diversi, nonché da “agente federatore” dei progetti, per favorire lo scambio di buone pratiche, approfondire tematiche comuni e sperimentare percorsi di ricerca-azione.

Read more

Verso spazi vitali smart, dalle città ai borghi rurali. Un articolo di Saverio Romeo

Le aree rurali e periferiche sono spazi con specifiche caratteristiche che l’Internet delle cose può reinterpretare e rendere attrattivi e vitali per l’economia e la società. Pubblichiamo una riflessione sul tema di Saverio Romeo, ricercatore lucano che lavora a Londra per la Beecham Research e segue le attività di IfoRD.

Verso spazi vitali smart, dalle città ai borghi rurali

Il paradigma di internet delle cose e la visione urbanocentrica delle smart city

Tecnologie per Smart Farming

Tecnologie per Smart Farming

L’interesse per le smart city è motivato dalla crescente urbanizzazione. I flussi migratori stanno concentrando la popolazione mondiale in aree fortemente urbanizzate. Le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni permettono di riprogettare le città per sostenere questo cambiamento demografico. Il concetto di smart city definisce questo nuovo processo di progettazione delle città.

Il paradigma dell’internet delle cose (oggetti e luoghi concreti) è la struttura portante dello sviluppo delle smart city. Questo approccio ruota intorno all’idea che le città sono il centro dell’economia e che per esserlo hanno necessità di intelligenza e, quindi, di persone. Le persone hanno bisogni e le città, viste come sistemi di sistemi, possono soddisfarli. Il concetto di smart city è un modo per attuare questa visione urbanocentrica.

Vedere le aree rurali come spazi smart

Ma il rapido ritmo dell’urbanizzazione è inevitabile e desiderabile? Perché non rendere le aree rurali più attrattive in termini di qualità della vita, innovazione e opportunità? Le aree rurali e periferiche sono spazi con specifiche caratteristiche, molte delle quali non valorizzate perché non vi è stato un sufficiente impegno su di esse. L’internet delle cose può reinterpretare questi spazi, trasformarli in spazi smart, rendendoli attrattivi e vitali per l’economia e la società.

L’agricoltura smart, un’opportunità economica e una leva dello sviluppo delle aree rurali

I produttori di macchine agricole, come John Deere, CNH-Global, CLAAS, AGCO e altri operano da un po’ di tempo sull’agricoltura di precisione. L’obiettivo principale è aumentare la produzione di cibo e ridurre l’uso di energia. I loro macchinari diventano più intelligenti, equipaggiati con sensori che acquisiscono dati sugli appezzamenti di terra e sulle colture. I dati affluiscono a sistemi di gestione delle informazioni, conosciuti anche come sistemi agricoli di gestione dell’informazione per ottimizzare le operazioni. Essi rappresentano assemblaggi realmente intelligenti e connessi.

Queste novità si applicano anche in appezzamenti di terreno di piccole dimensioni, come i vigneti, dove reti di sensori controllano i grappoli, mandano dati al sistema di gestione delle informazioni e permettono di ottimizzare le operazioni colturali e di migliorare la qualità. Cose analoghe avvengono nell’allevamento e nell’itticoltura.

L’agricoltura, a prescindere dalle tipologie e dalle dimensioni, sta adottando la visione IoT (internet degli oggetti), in cui l’appezzamento di terra è uno spazio in cui i dati sono utilizzati per ottimizzare i processi e per creare nuovi servizi. Queste attività sono integrate con le industrie di trasformazione, che hanno adottato anch’esse la tecnologia IoT.

La visione IoT si può espandere in molte attività delle aree rurali. Le tecnologie possono essere utilizzate nel turismo, nell’artigianato, nei servizi sociali e sanitari, nell’industria culturale. Le tecnologie possono connettere le aree urbane con quelle rurali, creando un continuum di opportunità. Si tratta di promuovere tutti questi strumenti, coinvolgendo vari settori, dagli operatori di reti mobili ai fornitori di tecnologie dei sensori, ai fornitori specializzati di tecnologie M2M. Se questo avverrà, usando modelli open data, nelle aree rurali potranno crescere gli ecosistemi di start-up.

Read more
Pagina successiva »